Quando un barattolo vuoto mi salvò la mente

A volte occorre fermarsi, prendere fiato e impegnarsi a cercare nuova bellezza, soprattutto in quei periodi in cui a venirti incontro è soltanto bruttezza, almeno così pare.

“Mamma, un mio amico, mentre giocavamo, mi ha detto che la sua mamma dice che io sono malato e non so perché!”, Mi ha confidato tempo fa il mio Gnometto fra le lacrime.

Di fatto non è stato possibile comprendere e contestualizzare la motivazione di un’uscita del genere, e a dire la verità non mi è andato neppure di approfondire, in quanto, per la prima volta nella mia vita, non ho provato rabbia per la sofferenza procurata al mio ometto, ma pena per quel bambino a cui è stata fornita una lettura così misera della vita: ciò che è diverso da noi e appare incomprensibile o ingestibile viene definito come sbagliato, diverso, patologico, nonostante con la malattia, per fortuna, non abbiamo nulla a che fare.

Avete mai provato a dialogare con persone ad alto contenuto giudicante? Io sì ed è tempo perso. Il giudizio però ha comunque un potere, quello di insinuarsi nei pensieri e di attecchire facendo germogliare il senso di inadeguatezza o di colpa.

La mia fortuna però è che mi circondo di cose belle e in esse vado a rifugiarmi; così cercando materiale per i miei ragazzi, chiusi in zona rossa, mi rituffo nella pagina Burabacio, che mi piace moltissimo, e in essa trovo un post che sembrava attendere me, per darmi un sostegno utile a sradicare i germogli di quel giudizio altrui, che magicamente attecchisce dentro, trasformandosi in un orto autoprodotto. Sono amari i frutti del giudizio!

Leggo e rileggo il post e mi ritrovo nella sua impressionante verità mista alla sua geniale risolutivita’.

Alla fine, ispirata da questa lettura, anche io prendo il mio barattolo trasparente, gli attacco tante etichette, donatemi o autoprodotte non importa, e penso che la vera bellezza sarà trovare chi non si fermerà all’etichetta, ma riuscirà a scovare gli spazi di trasparenza per guardare cosa c’è dentro.

Con lo Gnometto poi abbiamo trovato anche un’altra soluzione alla metafora del barattolo trasparente: in fondo per non ricoprirsi di etichette, bisognerebbe farsele scivolare addosso, quindi restare trasparenti ma altamente scivolosi; su questo c’è molto lavoro da fare…

Mamma aquilone

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