Comunità educante tra comunicazione e corresponsabilità 2.0

Pagella scolastica 2018

Progetto A Ruota Libera 2020-21

In questo periodo mi sento come travolta da un flusso difficile da contenere; mi accadono cose e le idee mi esplodono nella testa forti, prepotenti e io passo intere giornate a cercare di ordinarle attribuendo loro un senso.

Continuo a prendere appunti per canalizzare idee ed energie, per renderle positive, perché mi sono accorta che l’origine delle mie esplosioni creative è rintracciabile in un grande macigno rabbioso che si muove dentro. Sì, sono arrabbiata per quello che mi succede attorno, ma non posso abbandonarmi alla rabbia; questa emozione deve essere l’allarme che deve farmi cercare soluzioni, vie d’uscita; per cui eccomi qui, a provarci.

Parto da un’esperienza appena accadutami e che mi ha illuminato circa una grandissima lacuna che riscontro nella mia generazione.

Parliamo di dialogo in una comunità educante. Partiamo da qui.

Per chi è calibrato nei ritmi della classica scuola tradizionale, sa che questo è il momento delle famose pagelle, quelle dove il lavoro svolto in classe deve essere tradotto e proposto alla lettura dei genitori, affinché comprendano e magari intervengano sul processo di crescita della propria prole; in quale modo farlo efficacemente, però, non è dato saperlo. Punisco? Premio? Faccio recuperare? Mi alliscio gli insegnanti? Come faccio a far diventare quell’otto un nove e che genitore sono se non punto comunque al dieci?

È vero, i voti attualmente sono stati sostituiti da giudizi descrittivi che hanno l’obiettivo di illustrare il percorso di ogni studente, mettendo in luce non solo le difficoltà, sulle quali ancora intervenire con attività di potenziamento, ma sottolineando e descrivendo anche i suoi punti di forza che garantiscono l’acquisizione di reali competenze (fonte).

Nelle attuali pagelle, le famiglie si troveranno figli che nelle varie discipline avranno raggiunto un grado avanzato o intermedio o base o in via di prima acquisizione.

Tutto bello, ma che significa? Mi piace il fatto che in un documento trovato per caso su internet venga data la spiegazione evocando l’importanza del ruolo delle famiglie a cui vanno illustrati il significato e il valore di una scelta che aiuta a uscire dalla confusione tra misurazione e valutazione, allontana la coincidenza tra il voto e la percezione di sé, chiarisce i percorsi di apprendimento e i risultati raggiunti. Spesso la dimensione valutativa provoca tensioni e incomprensioni e mette in discussione l’alleanza educativa tra scuola e famiglia: a questo passaggio comunicativo va garantita accoglienza, calma e cura in stretta sinergia con le peculiarità di ogni istituzione scolastica.

Insomma, vuoi vedere che anche tutti gli adulti chiamati alla funzione di educatori, qualunque sia il ruolo, debbano fare dei compitini e non solo assegnarli? È probabile che ci si debba impegnare in maniera differente e che alla fin fine ci tocchi riprendere in mano dei libri per studiare? È plausibile che non basti dire che si è insegnanti o che si è madri o padri per poter vantare le proprie ragioni?

Io di questa cosa sono sempre più convinta; e più mi rendo conto di quanto si sia taciuto a noi genitori, più sento prepotente la voglia di urlare a tutti la necessità di pretendere e di impegnarci per una adeguata efficace comunicazione, che sia destinata a costruire una realtà adatta ai bambini e ragazzi. Certo, accampare tale diritto significa anche assumersi l’onere di rimodularsi su lunghezze d’onda diverse da quelle conosciute. E qui viene il bello: quanti sono motivati a imparare un linguaggio nuovo? Quanti adulti hanno voglia di smentire alcune convinzioni acquisite e mostrarsi più aperti e generosi col sistema educativo in cui vivono od operano?

Ho in mente un progetto, lo sto ideando, me lo sto immaginando; ovviamente dovrò essere brava a strutturarlo, ma sono cosciente che non servirà a nulla costruire uno scrigno pieno di gioielli se nessuno verrà a curiosarci dentro, per attingere alla ricchezza offerta.

Ok, ora che ho spoilerato alcuni sogni nel cassetto, ritorno al tema dell’articolo e cioè alle diverse modalità di dialogo in una comunità educante.

Ebbene, oggi sono soddisfatta, motivata, viva, perché assaporo il gusto di essere in istruzione parentale e di partecipare ad un progetto educativo innovativo, prezioso e impegnativo, dove il famoso patto di corresponsabilità si nutre di valori e principi rinnovati e chiama noi genitori a essere parti consapevoli del processo di crescita dei nostri figli. Ad essere in discussione siamo noi, non “gli alunni”; non ci sono deleghe, ognuno ha la propria responsabilità. La prima lezione da imparare è che la vera e unica scuola è la vita. Non esiste un luogo unico dove istruire e istruirsi, perché si apprende ovunque, giacché, ci piaccia o no, siamo connessi, nel bene o nel male.

Riflettendo sulle pagelle quindi, mi rendo immediatamente conto della immane differenza dei linguaggi appartenenti ai due mondi, quello tradizionale e quello “strano”. In quello scolastico il parametro era semplice, numerico, un po’ striminzito, infatti in una decina di righe si doveva sintetizzare un mondo e in un elenco di numeri io avrei dovuto cogliere lo stato emotivo, di consapevolezza e gli obiettivi raggiunti da mio figlio. Il colmo è che io non avevo nessuna idea che la missione della scuola fosse di raggiugere degli obiettivi e oggi questa cosa mi sembra pazzesca.

Tuttavia, avanti a un sistema valutativo del genere, ammetto che l’impegno richiesto a noi genitori era veramente ridotto. La domanda finale, a cui la nostra responsabilità era evocata, rispondeva semplicemente a domande del tipo: “che voto hai preso? In questa materia hai un nove, vai bene, qui invece male”, punto.

Oggi invece, in questa esperienza sperimentale condivisa (il mondo strano per capirci), l’universo dei miei figli viene raccontato, in tutta la sua bellezza e complessità, con ben 77 slide; in questo processo sistemico di crescita ricevo un vero e proprio dossier che mi rende partecipe e corresponsabile di questo laborioso percorso. Una bella differenza no?

Con un tale lavoro fra le mani, abbraccio l’energia e la voglia di raccontare un’esperienza di una crescita dinamica, sistemica e inclusiva ove tutti sono coinvolti. Con lo scambio di energie di chi racconta e di chi ascolta, tutti i partecipanti sottoscrivono un patto di corresponsabilità rinvigorito e consapevole.

Questo flusso, vivo e in movimento, richiede infatti una responsabilizzazione arricchente, che punta ad un miglioramento dell’ecosistema educativo che accoglie i ragazzi, la cui morale è che se ci miglioriamo un po’ tutti, se ci rendiamo conto di essere parte attiva di questo ecosistema, è proprio il mondo a diventare più bello!

E ora rispondi tu, che tipo di “patto di corresponsabilità” ti si addice? Ti basta sapere che i tuoi figli siano “Avanzati” in matematica o ti piacerebbe leggere 77 slide che ti raccontino di loro?

Buon esame di coscienza… il mio progetto in qualche modo inizia qui.

Stay Tuned

Mamma aquilone.

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