
Disfatti i bagagli e riposte le valige, cosa rimane di questa estate?
Eh già, le vacanze son finite e ciò che percepisco è un senso di pesantezza sullo stomaco con una strana apatia e insofferenza.
Se mi ascolto, comprendo che questo disagio non dipende tanto o non solo da quello che lascio, ma soprattutto da quello che sono destinata a ritrovare. Come fare quindi a fugare la vocina interna che rimpalla nel cervello quella antipatica domanda: – e adesso? -.
Questo dubbio mi carica sempre di una strana tensione mista a paura, ma di fatto mi è utile a impegnarmi per cercare nuove risposte…son fatta così, in perenne ricerca.
Se quindi provo a sbirciare nel futuro, provo sollievo nel pensare che i miei ragazzi a settembre inizieranno un percorso didattico, educativo ed esperienziale innovativo, partecipando al progetto Gorilla (tenete a mente questo nome mi raccomando!) “A Ruota Libera”, e sebbene questa proiezione mi elettrizzi positivamente, non nego che la polvere della paura opacizza le mie ottimistiche proiezioni; che poi questo percorso non lo inizieranno solo loro, ma sarà tutta la famiglia a doversi innovare.
Ritornando invece al qui e ora, dove posso trovare l’entusiasmo?
In realtà, siccome siamo abbastanza bravi a produrre ricordi, ad essi faccio capo cercando di ripercorrerli ben bene e trarre da essi valori con cui arricchirmi. Così sfoglio l’album di foto virtuali che è tutto ciò a cui agganciasi, perché quest’anno torniamo a casa a mani vuote ma a cuore pieno: nemmeno una piccola calamita, da mettere sul frigorifero, abbiamo preso.
Un particolare antidoto alla malinconia, quindi, è quello di trovare significati nei particolari che abbiamo scovato andando in giro per l’Italia e a sto giro ad ospitarci è stata la Toscana.
Mai come quest’anno, infatti, siamo stati attenti ai particolari. La nostra è stata una esperienza per nulla scontata; abbiamo fatto a meno dei canoni classici dei villaggi turistici, rinunciando a baby dance e giochi aperitivo; nessun ristorante, nessuna sagra e nessuno stabilimento ad accoglierci ma lunghe camminate in cerca di spazi naturali e luoghi antichi e meravigliosi. Eravamo noi, la nostra curiosità e la voglia di non lasciarsi andare alla virale corrente di tensione pandemica. Abbiamo fatto uso di buon senso e prudenza, evitando i classici luoghi destinati all’infanzia o al “divertimento”, quelli con scivoli e altalene e abbiamo camminato tanto, nonostante il caldo e la fatica, sì abbiamo camminato tanto.




Non sono mancati i contrattempi, ma anche quelli li abbiamo affrontati con spirito più leggero; il vivere “qui e ora” senza tempi scanditi, ci ha aiutato tanto.
Ci siamo nutriti di ciò che aveva da offrire il territorio; ci siamo calati in esso e ci siamo alleggeriti di tutti i cliché estivi, apprezzando così gli scorci che ci offrivano la natura e i borghi antichi, poco attraenti per la movida, ma suggestivi per la ricchezza di storia che emanavano.
Di Roccalbegna ho già parlato in un mio precedente articolo (https://maryframeeme.wordpress.com/2020/08/11/i-fabbricanti-di-ricordi-a-spasso-per-i-borghi-estate-in-toscana-roccalbegna/), perciò mi resta solo da dire che, sebbene sia un piccolo scrigno, il tesoro che racchiude in sé è prezioso.





A Castel del Piano ci hanno attratti le istallazioni antiviolenza, disseminate nel centro, che ci hanno aiutati a parlare di temi spinosi e difficili in modo delicato.




Camminando per Gavorrano, sembrava di sentire i rumori di una civiltà medioevale. Le stradine strette strette ci hanno raccontato di gente che riesce a vivere senza auto e centri commerciali.





Nel borgo di Scarlino, abbiamo potuto ammirare tramonti meravigliosi e intravedere il “Giardino d’artista”, che però per la stanchezza abbiamo visto dall’esterno; sicuramente torneremo e continueremo l’esplorazione.






Inutile dire che, calandosi con tutti i sensi nei luoghi da noi visitati, il piacere è stato più autentico ed elettrizzante.
Una gita memorabile per me è stata a quella al Giardino di Daniel Spoerri, a Seggiano. Per una patita di caccia al tesoro come me questo spazio è stato il top! Un paesaggio esteso 16 ettari circa, dove scovare 113 sculture frutto di un’arte che si avvale di materiali di riuso e dove, a mio modestissimo parere, il tema evocativo dominante è quello della morte. Per carità non sono una critica ed è solo una mia suggestione, ma ho trovato affascinante questo percorso dove a nascondersi non sono solo le opere ma anche i contenuti di cui esse sono colme. Ho apprezzato l’incanto dissacrante e alternativo con cui si evocano alcuni temi e devo dire che la metafora che mi è piaciuta proprio tanto è quella vissuta attraversando il “Corridoio di Damocle”; per me questa opera è una vera e propria esperienza che sintetizza perfettamente il significato della vita: non avere paura e andare avanti, sempre e comunque.

E che dire della istallazione “l ponticino dei gorilla”? No, non è un errore, l’opera si chiama così. Riuscite a percepire l’emozione che una fanatica di metafore come me, ha provato nell’attraversare quel piccolo ponte con i propri figli? Non ci vedete qualcosa di magico?




Purtroppo, la missione di trovare tutte le opere non è stata compiuta a pieno: mancano all’appello alcune di esse, per cui anche qui bisognerà tornare. Diciamo però che quelle essenziali ad arricchire il nostro cammino le abbiamo apprezzate.
Nel chiudere l’album dei ricordi vacanzieri di questa estate 2020, voglio giocare con una riflessione scaturita dalla scritta incisa sul cancello d’ingresso di questo parco d’arte contemporanea: “Hic terminus haeret” che significa “qui aderiscono i confini, qui si uniscono i territori” secondo la traduzione letterale di un verso virgiliano del 4° Libro dell’Eneide (fonte https://martebenicult.wordpress.com/2013/08/16/hic-terminus-haeret/).
Ho letto che in questa scritta sarebbe evocata la forza aderente tipica della colla e mi fa sorridere l’idea di avere visitato un posto dove si enfatizza il concetto dell’aderire, proprio ora, cioè in un momento storico dove l’abbraccio tra esseri umani pare essere diventato un reato.
E un altro pensiero mi giunge alla mente, considerando l’unione di territori o dimensioni: chissà cosa direbbe Spoerri di Nonno Franco e delle sue creazioni venute dal mare (https://maryframeeme.wordpress.com/2020/08/23/ancora-a-spasso-per-la-toscana-alla-ricerca-di-pinolino-lamico-di-ogni-bambino/).
Pagherei per sapere se questi due vecchietti consiglierebbero ai bambini odierni di colorare entro i margini dei disegni già tracciati da noi adulti, o piuttosto apprezzerebbero gli irriverenti tratti fuori gli schemi.
Chissà quali nuove sculture potrebbero nascere dagli scarti d’arredo prodotti dalle scuole…
Confesso che il mio entusiasmo è decisamente maggiore a quello dei miei figli; proprio oggi, infatti, il mio Gnom-ometto mi chiedeva: – cosa c’è di così entusiasmante nell’aver visitato questi luoghi? -.
-Beh – gli rispondo io – già il fatto che tu a nove anni hai sentito parlare di Spoerri direi che ti rende ricco. Io ci sono arrivata a quarant’anni passati. Direi che se continui così il tuo bottino sarà bello e copioso, sicuramente più del mio -.
– Mi hai convinto! – mi risponde. Bene, le esplorazioni possono continuare allora!
Che poi, a pensarci bene, nella vita è importante farsi le giuste domande, per cui ora la mia domanda sarà: – dove andremo domani? – e questa mi fa sentire decisamente meglio…

Mamma aquilone
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